Anna Visani - Arrigo Visani

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Anna Visani

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 ANNA GHERARDI-VISANI

In un giorno imprecisato del 1948 Anna Gherardi incontrò Arrigo Visani nei locali della Sezione Artistica della Cooperativa Ceramica d’Imola dove era stata assunta, a 17 anni, come decoratrice”.
 
Anna nacque (16 giugno 1931) in un rione di casette popolari adiacenti alla via Emilia nel tratto che, uscendo dal centro di Imola, inizia a segnare il percorso verso Bologna. Col duro lavoro di Aldo, calzolaio, e di Dorina, operaia, la famiglia riuscì ad acquistare un piccolo appartamento ricavato dai sottotetti di un antico palazzo nobiliare, a poca distanza. In questa abitazione tirata a lustro con l’ostinato decoro della dignità di un proletariato orgoglioso,  si ricorda ancora la giovane Anna e la sua crescente bellezza.
Dopo le scuole elementari frequentò la Scuola di Avviamento Professionale, triennale, che a quei tempi non prevedeva la possibilità di una prosecuzione degli studi, bensì l’ingresso nel mondo del lavoro. Una scelta quasi obbligata, a quei tempi, per chi proveniva dalle classi meno agiate della popolazione. Era comunque una buona scuola e Anna ne ricavò un’istruzione abbastanza solida che iniziò ad arricchire un’intelligenza vivace. Avrebbe conservato per tutta la vita il rimpianto per non aver potuto proseguire gli studi.
Nella sua casa si respirava l’antifascismo severo e implacabile di Aldo, un uomo alto, bello e di forza erculea che teneva bene in vista il suo martello da ciabattino, nel suo negozio del centro, per ogni evenienza. E Anna fu ribelle alle finzioni e alla retorica per tutta la sua vita, e da ragazzina detestò le adunate del regime, le divise ridicole, il crudele fanatismo delle insegnanti.
Condivise con la sua famiglia i pericoli e le sofferenze causate dalla guerra, che a Imola furono particolarmente aspri e gravi, soprattutto durante i bombardamenti dell’inverno del ’44.
Una certa luce di malinconia non avrebbe mai lasciato il suo sguardo, forse per un’indole innata o forse per la storia terribile di quegli anni e per le vicende personali che la accompagnarono, come l’uccisione a tradimento del suo amato zio Riccardo, eroe della Resistenza.
La sua bravura nel disegno non passò inosservata, e quando alla fine del ’45 venne riaperta la Cooperativa Ceramica d’Imola, una delle più antiche e prestigiose manifatture della zona, la sua assunzione fu un fatto quasi scontato, data anche la grande richiesta di manodopera per poter avviare una rapida ripresa della produzione.
Le decoratrici, decine di ragazze giovanissime, lavoravano fianco a fianco in postazioni da due, in un vasto e alto stanzone della Sezione Artistica dell’azienda tuttora esistente e mantenuto nelle sue caratteristiche originali. Si crearono amicizie che durarono vite intere.
Adiacenti a quel locale stavano le stanze dove lavoravano gli artisti delle Sezione, la cui attività si svolgeva quasi a diretto contatto con le decoratrici.
Nell’incontro tra Anna e Arrigo e nell’amore che ne seguì si potrebbero ritrovare molti degli elementi che hanno fatto la fortuna dei romanzi d’appendice: Anna era bella e giovanissima, sensibile di cuore e di intelligenza. D’altra parte, era l’artista puro e fantasioso, ironico e poetico, la cui bellezza sottile si era come arricchita della sua maggiore età  e dei segni della  guerra e della prigionia.
Quello che in realtà accadde non è dato sapere con precisione. Sappiamo invece con certezza che si creò un legame forte tra due persone che, pur diversissime per carattere, condivisero una resistenza comune alle miserie umane e alle difficoltà materiali, inoltre una visione realistica e profonda della società, le speranze in un riscatto morale e materiale del loro paese, l’amore per la cultura, la bellezza e la poesia.
Anna fu testimone delle grandi difficoltà che Visani trovò nel suo lavoro a Imola, in una realtà in cui l’eccesso di talento poteva costituire un problema, tanto gravi da costringerlo quasi a licenziarsi e a traferirsi a Castelli d’Abruzzo ove accettò una cattedra presso il  locale Istituto d’Arte. Si trattava dell’iniziale opera di sottrazione di opere alla sua paternità, contando sull’anonimato della produzione della Sezione Artistica. Arrigo, tra il 1946 e il 1951, traspose in ceramica la lezione formale e intellettuale delle bottiglie di Giorgio Morandi, suo docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il furto della proprietà artistica delle molte opere da lui prodotte a Imola costituisce un capitolo nero e misconosciuto nella storia della ceramica italiana del ‘900. Nella corrispondenza tra i due, Anna continuò infatti il lavoro a Imola fino al settembre del ’52, si può leggere la storia della loro grande solidarietà di fronte alle vicende spiacevoli di cui ella fu testimone.
A Castelli iniziò la loro collaborazione artistica. Gran parte del laboratorio di Arrigo, che non ne ebbe mai uno degno di questo nome, era costituito dal tavolo di marmo della cucina, dove si formavano e si rifinivano le ceramiche con varie tecniche di cui Anna si impadronì ben presto. Interveniva quindi in ogni fase della lavorazione. Naturalmente, data la sua particolare abilità, le competeva spesso la stesura degli smalti nei disegni decorativi di Arrigo che a volte ritracciava personalmente. In qualche ceramica, infatti, si notano differenze nelle linee di contorno: segno un po' incerto o quasi tremante quello di Arrigo, più deciso e sicuro quello di Anna. Condivisero la gioia per le infornate da cui  le maioliche uscivano sane e corrispondenti ai progetti, purtroppo anche il vivo dolore, dopo tanto lavoro faticoso, per quelle che gli antichi forni a legna del paese, per le più svariate ragioni, restituivano difettose.
Otto anni passarono nel paesino abruzzese alle pendici del Gran Sasso, con il loro piccolo Riccardo e il cane volpino Tobia. Otto inverni di neve e di vento, spesso isolati e senza luce. Uniche e forse irripetibili le gelide serate che la variopinta “legione straniera” dei professori dell’Istituto d’Arte trascorreva nella calda cucina dei Visani, davanti ai piatti semplici e gustosi di Anna. A loro spesso si univano altri artisti provenienti anche dall’estero, spesso ospiti di Anna  e Arrigo. In quel periodo  Castelli conobbe uno straordinario periodo di vivacità culturale: allora l’arte e la cultura offrivano energia e vita alle speranze della giovane Repubblica.  
Anna non smise mai dal mettere in guardia il suo compagno, onesto e leale fino all’inverosimile, dagli inganni che si perpetrarono anche durante il periodo castellano: interi carichi di bottiglie, evoluzione dei modelli Imolesi, furono spediti a Milano, all’indirizzo di Giò Ponti, e svanirono nel nulla. Nulla valse a scuotere la sua fiducia e la sua buonafede, nemmeno il fatto che le sue bottiglie “Imola” venissero consegnate alla critica e messe in mostra con il nome di altri artisti, mentre era chiaro che quelle prodotte a Castelli, a sua firma, avrebbero costituito la prova vivente della malversazione.
La fine degli anni ’50 segnò il trasferimento della famiglia a Sesto Fiorentino, ove Arrigo fu chiamato a insegnare Tecnologia Ceramica presso il locale Istituto d’Arte. Sullo stesso tavolo e sugli stessi torni proseguì la creazione delle ceramiche che vide però un minore coinvolgimento di Anna che lavorò come decoratrice, per circa un anno presso la manifattura Richard Ginori di Firenze.
Tra il ’60 e il ’61 Arrigo fu incaricato di fondare e di presiedere l’Istituto d’Arte a Oristano, ove la famiglia lo raggiunse all’inizio del ’61. Il periodo sardo fu caratterizzato da un deciso cambiamento di rotta della produzione dei Visani: quasi abbandonate le grandi maioliche di Castelli i cui smalti  traevano maggiore splendore dalla cottura nei forni a legna, Arrigo si dedicò alla produzione di pezzi in grès, materiale che per primo introdusse nell’isola. Anche la collaborazione di Anna subì dei cambiamenti che la resero più protagonista. La visione della produzione artigianale dell’isola, nelle sue forme caratteristiche e interessanti, sollecitò Visani a un confronto con la tradizione locale, parte del quale si espresse con la produzione di modelli personali della brocca sarda tradizionale. Questo oggetto, data la complessità degli ornamenti, richiede un delicato e fine lavoro manuale che Anna eseguì con maestria, ottenendo risultati eccellenti. Questi oggetti possono essere attribuiti a loro come coppia di artisti.
Anche in Sardegna Arrigo viveva assorto nella sua fantasia di forme e di colori e nella poesia che si materializzava nelle sue opere. Percorse l’isola in lungo e in largo, soprattutto alla ricerca delle migliori argille.
Di sabbia ne ho vista troppa nel deserto della Libia”, diceva, le rare volte che si sedeva in spiaggia a leggere il giornale, vestito di tutto punto. Osservava il mare  in silenzio, a modo suo, forse confrontandone i colori con quelli della sua inesauribile fantasia.
Avrebbe fatto le sue ceramiche anche sulla luna” disse una volta Anna con rassegnazione, lei che all’isola consegnò l’ultimo periodo della sua gioventù con inconsapevole stupore e con la calda sensualità che le era propria, godendo di quella sospensione del tempo di cui pochi luoghi sono capaci, sicuramente la Sardegna in virtù di un’intatta energia primordiale di umanità e di natura. E la sua malinconia divenne ben presto dolore dopo la partenza dall’isola, con l’abbandono delle forti amicizie e l’addio a una libertà felice, quasi selvaggia, che non avrebbe mai più ritrovato.
Nell'estate del 1970 la famiglia si trasferì a Forlì dove Visani concluse la sua carriera scolastica.
Dopo la scomparsa di Arrigo, nel 1987 Anna finì diverse ceramiche che suo marito aveva lasciato incompiute, e questo fu un modo per lenire il dolore per la perdita del suo compagno di vita. In ognuna di queste opere è apposta una scritta che specifica che furono completate per onorare il ricordo dell’artista e la sua volontà.
Esaurito questo compito che svolse egregiamente seguendo i disegni già tracciati o abbozzati e usando gli smalti originali elaborati da Arrigo, si dedicò a una produzione personale in cui espresse la sua dote migliore, ovvero la straordinaria abilità nella decorazione.
Finita la scorta degli smalti, li ricreò seguendo le formule lasciate da Arrigo: a tanto era arrivata la sua conoscenza dell’arte ceramica. Non smise mai di studiare e di leggere, con la stessa curiosità e la stessa passione di sempre. Scomparsa nel maggio del 2014, ha lasciato numerose mattonelle con splendide riproduzioni di quadri di grandi maestri: tra tutti Modigliani che forse fu il loro artista prediletto. Notevoli per maestria tecnica anche riproduzioni da De Chirico e da Picasso. Inoltre, disegni Déco, composizioni floreali, nature morte. Realizzò anche diversi piccoli oggetti, spesso a fondo cristallizzato: bomboniere, posacenere, piccoli candelieri.
Contemporaneamente, svolse un grande lavoro di ricerca e di recupero delle opere di suo marito, ritrovando diverse splendide maioliche, ma nessuna delle centinaia di bottiglie create a Castelli, come fossero mai esistite se non in poche immagini.
 
A nulla approdarono i suoi sforzi per rivendicare a Visani l’originalità di tante opere anonime della C.C.I.: aveva contro la forza e gli interessi commerciali di un’azienda potente e il coro della critica che, a parte qualche eccezione, si piegò alla versione ufficiale.
 I suoi ultimi tre anni di vita videro il grave declino della sua mente. Come volesse liberarsi dei ricordi più dolorosi e forse insopportabili, che infine scomparvero.
Dal 24 maggio del 2014 riposa a Imola insieme al suo compagno di vita, nel cimitero del Piratello.
Sulla lapide, tra i due nomi, è collocata una loro ceramica. Sotto la fotografia di Arrigo Visani è stata apposta la scritta “ceramista”, sotto  quella di Anna Gherardi si legge “decoratrice”.

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LE FOTOGRAFIE

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ALCUNI LAVORI DI ANNA

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settembre 2024
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